Alla scoperta di un’America nascosta: Mark Twain e Stephen King rimuovono il velo di Maya
«Tutta la letteratura americana deriva da un libro di Mark Twain che si chiama Huckleberry Finn».
È questo il giudizio che Hemingway dà del capolavoro di Twain e data questa premessa può risultare arduo accingersi ad un’analisi dell’opera, soprattutto dato il numero già molto elevato di critici e studiosi che vi si sono dedicati; ancora di più se si tenta di accostare questo cosiddetto “classico per ragazzi” ad un autore che apparentemente ha ben poco a che vedere con Twain, Stephen King, il quale in un romanzo come Shining racconta una storia lontana anni luce (sempre apparentemente) dalle avventure di Huck. Come si vedrà, invece, i punti in comune tra le vite dei due autori e dei due ragazzi sono molti.
Il viaggio da compiere sarà lungo e adesso che si è ancora al principio l’impresa appare quasi terrorizzante, lo stesso terrore che è il filo conduttore delle due opere. Esso riesce a disarmare il lettore trasportandolo, attraverso alcune pagine angoscianti, in un’atmosfera che solo a tratti viene alleggerita con magistrali tocchi di ironia o momenti di grande commozione e di grandi discorsi, siano essi fra una madre e un figlio piuttosto che fra un ragazzo e uno schiavo nero. Queste sono solo due delle caratteristiche che legano i libri presi in esame, i quali dietro la facciata di libro per ragazzi e romanzo dell’orrore lasciano trapelare (ognuno nel suo tempo e nel proprio contesto) l’immagine di una nazione colma di contraddizioni e di aspetti nascosti, svelati implacabilmente da un terzo occhio che appartiene, purtroppo, solo ed esclusivamente ai bambini.
In Danse Macabre Stephen King presenta questa sua raccolta di saggi invitando il lettore ad unirsi a lui attraverso un’opera che
è una danza. E a volte spengono le luci in questa sala da ballo. Ma danzeremo lo stesso voi ed io. Anche nel buio. Specialmente nel buio.1
La Danse Macabre è per lui un viaggio negli archetipi letterari e cinematografici che lo hanno portato a dedicarsi alla scrittura. L’aspetto autobiografico è quindi molto importante, e per Twain sarà lo stesso. Io credo sia questo il successo di qualsiasi testo scritto che pretenda di arrivare al cuore del lettore: scrivere di ciò che si sa meglio, della propria vita, perché anche non volendo tutto quello che ci succede finisce in ciò che scriviamo. È per questo che le due opere risultano così magnetiche, tanto che si è riluttanti nel dover mettere il segnalibro tra le pagine e chiudere il volume. È lo stesso che accade all’invitato di nozze che viene fermato dall’ancient mariner dell’omonima ballata di Coleridge e costretto ad ascoltarne la storia, dal momento che il suo volere è nelle mani del marinaio dall’occhio ardente. E allora, con in mano l’invito al ballo offertoci da Stephen King e Mark Twain, che ci attendono a bordo del battello, prepariamoci ad intraprendere un viaggio al termine del quale riusciremo, forse, a navigare meglio tra le pagine di questi due autori.
Prima di passare al nucleo centrale di questo lavoro, che come ho accennato consiste nell’individuare le analogie tra Huckleberry Finn e Shining, è bene presentare brevemente le due opere in modo autonomo così da rendere più facile il confronto. Per farlo procederò grazie alla mediazione di opere strettamente legate alle due precedenti, in modo particolare Vita sul Mississippi e Danse Macabre, le quali possono essere viste come una sorta di controcanto non solo della produzione scritta di Twain e King, ma della loro stessa vita.
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