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Gardenio Granata, Tra esoterimo mistico-visionario e razionalismo scientifico: Bosch, Cartesio e il “viaggio” neurochirurgico

Ci si potrebbe chiedere con stupore quale rapporto intercorra fra la “route of transsphenoidal surgery to remove pituitary tumor” con il suo tubo cilindrico penetrante dalla narice fino all’ipofisi e la famosa “Ascesa all’Empireo”, conservata nel Palazzo dei Dogi di Venezia, del pittore fiammingo Hieronymus Bosch. Da un punto di vista prettamente scientifico, tale rapporto ovviamente non sussiste.

Ma, si sa, ogni immagine, per la sua iconicità, ne richiama alla mente-memoria altre che, attraverso canali occulti, creano collegamenti a livello quasi onirico. Allora resta impressionante la straordinaria invenzione dell’ingresso a cilindro dalle fasce concentriche cui Bosch delega il “transitus” delle anime verso la luce paradisiaca, una volta liberatesi dalla greve corporalità e sospinte con plastica levità a librarsi da angeli “maieutici”.

In tal modo Bosch sbalza nei cieli l’abisso di quella luce essenziale, rovesciando il concetto (l’abisso ossimoricamente s’apre verso l’alto) e concretizza in maniera a dir poco suggestiva la presenza salvifica della luce divina in cui si tuffano le anime superando il passaggio cilindrico. L’idea di questo cono di luce con i suoi segmenti ben distinti è stata probabilmente stimolata dai diagrammi zodiacali contemporanei, ma qui esso s’è trasformato in uno splendido corridoio, con l’attraversamento del quale le anime s’innalzano per partecipare definitivamente a quello sguardo divino raggiungibile sulla terra solo in rari istanti d’illuminazione spirituale. «Qui il cuore stesso si apre in gioia e desiderio – affermò prima di Bosch il mistico Jan van Ruysbroek – ed ogni vena è aperta e le forze dell’anima sono pronte».

E Cartesio? Anche lui ha il suo ruolo nel tentativo di fornirci, nel trattato sulle “Passioni dell’anima”, una descrizione molto particolareggiata del modo in cui l’anima interagisce col corpo, focalizzando in particolare il problema della “localizzazione”. Ricchi dati sperimentali ed osservativi indussero Cartesio alla conclusione che il luogo dell’interazione tra anima e corpo dovesse trovarsi nel cervello o meglio in una sua parte: la “glandula pinealis” o “conarion” (corrispondente, nella odierna fisiologia, all’ipofisi). Si tratta di una ghiandola molto piccola, situata in mezzo al cervello, e sospesa sopra il condotto attraverso cui gli “spiriti” delle cavità anteriori comunicano con quelli delle posteriori, in modo tale che i suoi più lievi movimenti possono mutare molto il corso dei cosiddetti “spiriti”, mentre inversamente, i minimi mutamenti nel corso degli “spiriti” possono provocare rilevanti cambiamenti nei movimenti di questa ghiandola. Alla scelta di una specifica ghiandola, Cartesio sembra essere pervenuto ipotizzando l’esistenza di un luogo in cui i dati doppi, provenienti dagli occhi e dalle orecchie, venissero coordinati, così da permettere all’anima di avere una unitaria percezione visiva e auditiva.

A tale conclusione Cartesio era già arrivato nel suo trattato “L’uomo”; infatti scrisse in una lettera a Mersenne del 21 aprile 1641 che la sede delle sensazioni «deve essere molto mobile, per poter ricevere le impressioni dei sensi, ma deve essere ricettiva solo per gli spiriti che trasmettono queste impressioni. Solo il “conarion” ha queste qualità». L’anima sembra qui ridotta ad un “homunculus”, un piccolo uomo all’interno del cervello che osserva lo schermo sul quale convergono le immagini provenienti dal nervo ottico. Si è costretti a provare una certa ammirazione per la caparbia ostinazione di Cartesio nel cercare un luogo in cui l’anima incorporea possa esercitare la sua funzione.

Ma, inutile a dirsi, la tesi che la ghiandola pineale sia la sede centrale dell’anima sposta, ma non risolve, il problema di come sia possibile l’interazione psicofisica. Se risulta arduo capire come un’anima incorporea riesca ad agire sul corpo e subirne l’azione, non minore si presenterà la difficoltà a comprendere come un’anima incorporea possa produrre dei movimenti nella ghiandola pineale e subirne gli effetti. Gli “spiriti animali”, che tanta parte hanno nella meccanica fisiologica di Cartesio, sono le particelle più sottili del sangue rarefatto dal calore del cuore: essi traggono origine dal cuore, ma si diffondono dal cervello e si muovono con grande velocità «come le parti della fiamma che esce da una lucerna».

Così Cartesio s’illuse d’aver gettato un ponte fra le due sostanze che costituiscono l’uomo: “res cogitans” e “res extensa”. Oggi, perse le ambizioni di tali ponti levatoi, è rimasta la parte meccanica; e quel cilindro, ben oltre ogni suggestione mistico-esoterica, andrà per via endoscopica a cercare di rimuovere un’adenoma tumorale.

Prof. Gardenio Granata
29 Aprile 2021

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