Le Piramidi di terra di Segonzano
Segonzano è un piccolo paese tra Cavalese e Cembra, sulla valle dell’Avisio, importante affluente dell’Adige. L’Avisio nasce dai ghiacciai della Marmolada, proprio nel cuore stesso della regione dolomitica. La natura qui ha plasmato una delle sue molte bizzarrie: delle incredibili piramidi di terra.
La vallata è chiamata dapprima Val di Fassa, poi Val di Fiemme, ed infine Val Cembra, e attraversa un territorio profondamente mutato dal lavoro dell’uomo. In questa parte bassa della valle, alle porte di Trento, il paesaggio è una sequenza di opere e terrazzamenti che strappano alla montagna ogni minimo spazio coltivabile, pur con un intenso equilibrio nei confronti degli spazi boschivi. La produzione vinicola è di alta qualità e in ambito trentino quantitativamente molto rilevante; particolarmente famosa è la varietà Müller Thurgau. Non mancano tuttavia azioni più profondamente incisive dell’equilibrio naturale: siamo, infatti, nella zona di estrazione del porfido e numerosissime sono le cave con impressionanti discariche di materiale di lavorazione.
La storia di queste valli è lunga e tormentata, ed è testimoniata dalla numerosa varietà di lingue e parlate e dall’infinita serie di saghe e leggende. Ci troviamo ai margini della regione Ladina, il dialetto principale è il trentino, un dialetto del ceppo veneto, ma nelle vicinanze vi sono testimonianze di lingua Cimbra, di origine germanica. Oltre che importanti arterie di passaggio, queste valli sono da sempre sfruttate con cave e miniere. Poco lontano, sul Monte Calisio, si trovava la più grande miniera d’argento d’Europa, nota sin dal tempo dei romani. Questa è una zona di contatto tra montagne di origine magmatica, la catena dei Lagorai, e i più famosi gruppi dolomitici. A pochi chilometri da qui, a Predazzo, esisteva uno dei più imponenti apparati vulcanici dei mari tropicali durante la genesi delle grandi strutture dolomitiche.
Nei boschi vicino a questo paese si innalzano incredibili costruzioni qui chiamate omeni (uomini).
Le formazioni, alcune delle quali raggiungono i 20 metri d’altezza, sono geologicamente di origine molto recente: risalgono a circa 50.000 anni fa. L’opera è dovuta alle azioni erosive delle acque dilavanti su un deposito morenico lasciato dalle lingue dei ghiacciai quaternari.
Sono composte da un impasto di terra e piccoli ciottoli di diverso calibro e di varia origine, cementati ed induriti al punto giusto per avere una certa consistenza, ma anche facilmente erodibili dal dilavamento dell’acqua meteorica. Sopra questo deposito si è adagiata una frana di grossi massi porfirici e sono proprio questi i principali responsabili di questa strabiliante magia. Sotto l’enorme peso di ogni masso, l’agglomerato terroso è più compatto. Questo pesante “cappello” – spesso dalla forma squadrata e leggermente inclinato verso valle – ha riparato il terreno sottostante dall’azione dirompente della pioggia. Infatti senza questi massi (il più pesante dei quali è di circa 100 quintali), la piramide in pochi anni scomparirebbe per colpa dell’erosione.
È un magico e delicatissimo equilibrio, dovuto a situazioni ambientali e combinazioni fisiche veramente particolari. Se il cappello cadesse, la vita della struttura sarebbe irrimediabilmente segnata e la piramide si scioglierebbe nel giro di qualche secolo. Di questa ‘morte’ sono testimonianza i resti di alcune piramidi senza cappello che, a fine Ottocento, furono oggetto di ‘tiro a segno’ da parte dell’artiglieria austriaca in vena di esercitazioni.
Il periodo più bello per le visite è senz’altro l’autunno – quando i colori si sprigionano in magici e stupefacenti fuochi d’artificio – favorito dalla felice esposizione che regala giornate di tiepido sole anche in pieno inverno. In estate, nelle giornate assolate, il percorso che conduce al primo gruppo ricorda il Colorado, in quanto il sentiero è composto di sassi e sabbia rocciosa.
Un altro esempio di struttura simile si trova sul Renon, poco sopra Bolzano, ma è un fenomeno molto raro nel resto del mondo, con pochi e ben più miseri esempi.
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