Monte Pasubio: la strada delle 52 gallerie
Dicembre, la città è tutta bianca, gli alberi, i tetti e perfino i gatti del quartiere. Che bella la neve che rende tutto più leggero, lento e rilassante. Col freddo e l’aria pungente si sta bene in casa al caldo davanti alla finestra ad ammirare questo candore, questa pace in una silenziosa domenica. Bianco il prato, bianco il foglio che sto sporcando con segni neri della penna, come il prato innevato che pian piano si chiazza di nero del terreno che riaffiora.
È questa neve e questo silenzio che la circonda che mi riporta al ricordo di camminate sui silenti monti dove l’unica voce è quella della natura, il fischiare del vento che racchiude in sé infiniti ricordi di un tempo antico più dell’uomo.
Fu il Pasubio l’ultimo monte su cui sono salito in una fresca domenica di giugno, ripercorrendo gli stessi sentieri teatro di quell’orribile spettacolo generato dalla avidità umana, chiamato Guerra. Fu anche su quelle cime e sui quei sentieri che l’armonia della natura fu stravolta dal frastuono di esplosioni e dalle grida di uomini sofferenti durante la Grande Guerra, una delle guerre più terribili e sanguinarie di cui vi sono vivi ricordi. Dove migliaia di persone furono strappate dai loro affetti per uccidersi fra di loro nello stabilire confini invisibili, artificiali, tra un pezzo di terra ed un altro chiamato nazione. Quegli stessi confini che ci sono tutt’ora ma che l’evoluzione ha ormai reso inutile, sono oggi esattamente ricalcati dai limiti amministrativi fra le provincie di Vicenza e Trento il confine politico esistente fino al 1918 tra Italia e Austria-Ungheria. Fu questa la premessa all’eccezionale ruolo strategico che questo luogo ricoperse durante la Grande Guerra, diventando la “montagna più accanitamente contesa fra tutte sul fronte alpino“.
Dal 1916, il Pasubio1 divenne il protagonista di una grandiosa vicenda storica che non trova paragoni sull’intero fronte tridentino e che trasformerà la montagna in quella che un combattente austriaco non esitò a definire “la caldaia delle streghe“. Le vette del Pasubio costituirono per gli Italiani l’estremo baluardo di difesa e gli Austro-ungarici non riuscirono a dilagare, come avevano progettato, nella pianura veneta2.
Ripercorrendo i camminamenti, in particolare la Strada delle 52 Gallerie, si può comprendere ed ammirare l’ingegno e la fatica dell’opera di queste tetre gallerie imposte dalla sopravvivenza che permisero ai soldati del fronte italiano di sfuggire ai proiettili d’artiglieria dei soldati austro-ungarici. Entrambi persone umane ma con l’unica differenza di parlare un’altra lingua e di essere sottomessi da differenti padroni.
Il monte Pasubio, è stato cornice di una delle più grandi battaglie combattute in montagna, quel che è di una così grande massa di uomini e mezzi, a supportare l’offensiva o a garantire la difesa su un territorio impervio e pressoché privo di risorse, testimonianza di un di un epopea tremenda e ostinata che in alcuni casi superò ogni possibilità di umana sopportazione: “Il vivere fu ben più duro che il morire“.
Ed è proprio tale monte e la Strada delle 52 Gallerie che lo percorre, che esprimono quel sovrapporsi della Storia sulla Natura, dove le relazioni tra valori culturali e naturali emergono e sono divenute un museo a cielo aperto, che permettono una più profonda riflessione di quello che fu e che è ancora oggi l’immana tragedia della guerra.
La strada della prima armata, o delle gallerie, che da Bocchetta Campiglia (mt. 1216) conduce a Porte del Pasubio (mt. 1928), rappresenta un percorso di straordinario interesse storico e ambientale. La sua realizzazione è stata definita “impresa di giganti, che nessun’altra opera eguaglia su tutta la fronte europea“, “miracolo di ardimento e lavoro di incomparabile grandiosità“, “vera e propria meraviglia nei fasti dell’ingegneria militare“. Fu certamente il risultato di “tenaci volontà, di lavoro esemplare, di sacrificio e abnegazione, di commovente spirito di emulazione fra le squadre dei genieri minatori addetti alla costruzione“, come ebbe a sostenere il capitano Corrado Picone, allora comandante di quegli uomini.
La citata mulattiera militare, fu progettata dal tenente ing. Giuseppe Zappa per incarico del comando della Iª armata, fu realizzata dalla 33ª compagnia minatori del 5° reggimento Genio e da 6 centurie di lavoratori militarizzati. Il fine di questa ardua impresa era la sostituzione la camionabile Ponte Verde – Collo Xomo – Bocchetta di Campiglia-Porte Pasubio, la quale era più esposta all’artiglieria nemica e più pericolosa al transito invernale per le numerose valanghe.
I lavori iniziarono, tra difficoltà estese nel marzo del 1917, il solo rilevamento topografico fu compiuto durante uno degli inverni più rigidi e nevosi del secolo, le difficoltà furono molte tra pareti rocciose inaccessibili, lunghe creste tormentate da pareti nude e verticali, da guglie vertiginose e da canaloni oscuri e profondi, tipici delle formazioni rocciose Alpine.
Il tracciato si svolge in una zona totalmente rocciosa, la sua lunghezza complessiva è di circa mt. 6300, dei quali 2300 distribuiti in 52 gallerie3 e i restanti tagliati a mezza costa. La larghezza minima misura in mt. 2,20 e quella media in mt. 2,50; la pendenza media risulta del 12%, superando gli 800 metri di dislivello. Le galleria, illuminate elettricamente e mediante finestroni aperti nella roccia, per consentire anche il transito di salmiere. Inoltre, quattro gallerie sono a tracciato elicoidale, in cui la 20ª passa a spirale, per quattro volte su se stessa, entro un gigantesco torrione.
Al giorno d’oggi, invece, è necessario essere muniti di torce per poter attraversare le bui cunicoli in cui è ancora possibile possibile ritrovare bossoli o proiettili di quella che fu una delle più atroci battaglie mondiali. Inizialmente il senso di smarrimento all’entrata di un cunicolo, prima che i propri occhi si abituino all’oscurità, poi il fastidio e l’accecamento che si prova all’uscita danno una sensazione claustrofobica potendo percepire, neanche lontanamente al male di vivere e l’inferno della vita in trincea. Inferno, reso ancora più terribile sia dai freddi inverni che dalle nuove armi che si usarono per la prima volta durante la Grande Guerra, come la diffusione di mitragliatrici leggere, mortai e granate da fucile, l’introduzione dei carri armati e l’uso massiccio dei terribili gas tossici, dando inizio alla guerra chimica.
Usciti dall’ultima galleria si è in un altopiano avvolto da una gelida e cupa nebbia formata da grigie nubi che non permettono di ammirare le cime e l’intero paesaggio, dove si può raggiungere il Rifugio Papa4, dove inizia il Sentiero degli Eroi in memoria delle medaglie d’oro del Pasubio, nonché zona monumentale. Sulla sua facciata sono incastonate alcune lapidi, come il comunicato in seguito alla cruentissima battaglia del 2 luglio 1916, in cui l’esercito italiano respinse a fatica la vigorosa avanzata austro-ungarica e la poesia della poetessa scledense Romana Rompato che recita5:
«Chi ha salito senza palpiti d’amore
questo Calvario della Patria;
chi non sosta con animo purificato
su questa roccia gloriosa,
non entri in questo Rifugio,
né contempli da queste libere altezze
la dolorante fecondità del piano
e il mistero dei cieli.»
Note
1 Quello che, comunemente, è inteso come “Pasubio” è costituito da tre crinali isolati: Col Santo, Roite allo Spil e il Pasubio, propriamente detto, con la Cima Palom. Da questa si dipartono diversi crinali tra qui quello che raggiunge il Corno del Pasubio, passando attraverso i Denti italiano e austriaco.
2 Fait Gianluigi, Non solo Armi. Pasubio 1915-1918, Nicolodi Editore, 2009
3 1ª Cap. Zappa (17 metri), 2ª Gen. D’Havet (m.65); 3ª Rovereto (m.14); 4ª Battisti (m.31); 5ª Oberdan (m.10); 6ª Trieste (m.17); 7ª Gen. Cascino (m.35); 8ª Gen. Cantore (m.23); 9ª Gen. Zoppi (m.78); 10ª Sauro(m.12); 11ª Magg. Randaccio (m.28); 12ª Cap. Motti (m.95); 13ª Cap. Filzi (m.27); 14ª Cap. Melchiori (m.61); 15ª Tortona (m.45); 16ª Reggio Calabria (m.74); 17ª Bergamo (m.52); 18ª Parma (m.46); 19ª Re (m.318); 20ª Gen. Cadorna (mt.86); 21ª Gen. Porro (mt.20); 22ª Breganze (mt.8); 23ª Gen. Capello (mt.18); 24ª Bologna (mt.16); 25ª Aquila (mt.11); 26ª Napoli (mt.24); 27ª Cap. Picone (mt.98); 28ª Genova (mt.14); 29ª Spezia (mt.31); 30ª Miss (mt.10); 31ª Gen. Papa (mt.72); 32ª Palazzolo (mt.48); 33ª 33ª minatori (mt.57); 34ª Gen. Giustetti (mt.132); 35ª Trani (mt.10); 36ª Gen. Garibaldi (mt.12); 37ª Balilla (mt.26); 38ª Torino (mt.29); 39ª Mantova (mt.53); 40ª Trento (mt.10); 41ª 26ª minatori (mt.24); 42ª Macerata (mt.19); 43ª Polesine (mt.55); 44ª Zappatori Liguria (mt.22); 45ª Plotone 25ª minatori (mt.83); 46ª Piceno (mt.65); 47ª Pallanza (mt.22); 48ª Cesena (mt.14); 49ª Soldato italiano (mt.19); 50ª Cav. Vittorio Veneto (mt.27); 51ª Plotone minatori sardo (mt.66); 52ª Sardegna (mt.86).
4 Sorge nel 1921 su quello che rimaneva di un ricovero in muratura dei baraccamenti della Prima guerra mondiale denominati el Milanin, situati al riparo dal tiro dell’artiglieria austriaca. Il Generale Achille Papa, comandante della brigata Liguria (dal dicembre 1915 all’aprile 1917) e poi comandante della 44ª divisione rimasta sul Pasubio fino all’11 agosto, fu fra tutti gli ufficiali, quello che più di tutti, forse, ha legato il suo nome al monte.
5 http://it.wikipedia.org/wiki/Rifugio_Achille_Papa
Fonti
– http://it.wikipedia.org/
– Cartelli informativi della Strada delle 52 Gallerie
– Gialuigi Fait, Non solo armi. Pasubio 1915-1918, Nicolodi Editore, 2009
– Fotografie e testi di Tommaso Trombetta
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