Jennifer Montagu, La scultura barocca romana. Un’industria dell’arte, Ed. Umberto Allemandi, 1991
€108,00 [€103,85 + I.V.A.]
Questo libro è basato sulle lezioni che Jennifer Montagu ha tenuto a Cambridge in qualità di «Slade Professor» di Storia dell’arte nel 1980…
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Descrizione
CAPiTOLO
Edizione | Umberto Allemandi, Torino, 1991 | ||
Traduzione | Alessandra Anselmi | Illustrazioni | Fotografie in B/N |
N. Volumi | 1 | N. Pagine | 241 |
Dimensioni | 22,7 x 28,7 x 2,3 cm. | Peso | 1,30 kg. |
Descrizione |
Q uesto libro è basato sulle lezioni che ho tenuto a Cambridge in qualità di «Slade Professor» di Storia dell’arte, nell’autunno 1980. Avevo appena terminato la prima stesura del libro su Alessandro Algardi e, scrivendola, mi ero resa conto che quella che avevo definito «l’industria dell’arte» era un campo pressoché inesplorato. Gli studi sulla formazione degli scultori sono pochissimi, Possiamo leggere, anche nelle biografie contemporanee, che lo scultore si è servito di un blocco di marmo, ma non dove si sia rifornito, come la pietra sia stata estratta, in che modo l’artista abbia controllato che fosse della giusta misura, come il pezzo sia stato trasportato a Roma, e che aspetto aveva quando veniva consegnato alla bottega. I bronzi vengono normalmente attribuiti agli scultori, anche se sappiamo che la maggior parte di essi non ha mai fuso un bronzo, e non ci si e quasi mai interessati ai fonditori, né è mai stata presa in considerazione la possibilità che talvolta sia stata loro l’iniziativa di realizzare l’opera. Due recenti articoli sulla scultura barocca hanno sollevato la questione degli scultori che lavoravano su disegni forniti loro da altri, pittori o architetti; sappiamo che era un caso frequente e questi articoli non solo hanno dato inizio ad un nuovo dibattito tra gli storici della scultura, ma hanno evidenziato quanto poco si sappia sui disegni che gli scultori dovevano tradurre e su quanto fosse lasciato alla loro creatività. Anche quando il rapporto si rovescia ed è lo scultore a fornire il disegno o il modello da far eseguire ad un suo aiutante, le informazioni che abbiamo sulla forma del modello e sui rapporti tra maestro e assistente sono quanto mai scarse, né la critica si è occupata del modo in cui un gruppo di scultori abbia collaborato ad un’unica grande impresa. Sebbene sia ben noto che molti scultori si sono occupati del restauro di statue antiche, e tra loro sono annoverati alcuni dei nomi più importanti del barocco romano, la maggior parte degli studi in proposito è stata svolta da archeologi o storici dell’arte antica, i quali partono dal presupposto che uno scultore abbia sempre cercato di fare del suo meglio per ricostruire l’aspetto originario dell’opera; sulla base delle mie conoscenze, era forte il dubbio che questa fosse realmente l’intenzione degli artisti del Seicento, ed anche il campo del restauro mi è quindi sembrato meritare ulteriori indagini. Infine, il grande numero di apparati effimeri che hanno caratterizzato la Roma barocca ha attirato l’attenzione di molti studiosi; è evidente che gli scultori hanno giocato un ruolo molto importante in questo tipo di attività, ma non si è mai considerato il loro punto di vista, né il modo in cui il loro contributo si sia inserito nel programma più generale delle feste barocche. Wechernagel ha dato risposta ad alcune di queste domande per il periodo del primo Rinascimento, né mancano studi che si siano occupati dalla tecnica della scultura, ma non erano stati editi lavori in cui potessi trovare soluzione ai miei quesiti. Nel corso della ricerca su Algardi ho trovato risposte parziali almeno per quanto riguardava la sua attività e, studiando in biblioteca o negli archivi, ho trovato materiale per quanto riguarda l’opera di altri scultori. L’impresa di mettere insieme tutte queste informazioni mi è sembrata poter essere utile; dapprima, non avevo intenzione di pubblicare i risultati essendo consapevole che la maggior parte del materiale sarebbe confluito nella monografia su Algardi, e che molti degli esempi erano già stati pubblicati da altri o da me stessa. In seguito però, mi sono persuasa che la loro pubblicazione avrebbe potuto risparmiare ad altri gran parte della ricerca che io avevo dovuto svolgere e che avrebbe fornito un’utile introduzione a chi studia la scultura barocca. Nonostante abbia eliminato molti degli esempi relativi all’opera di Algardi già pubblicati, o li abbia confinati in brevi note, ne sono rimasti ancora molti; a mia giustificazione, posso dire che in questo libro sono considerati « a una diversa angolazione, dalla quale spero possano acquistare un nuovo rilievo. Inoltre, mi sono servita di questa opportunità per inserire il materiale scoperto dopo il 1985. Per quanto riguarda gli scultori i cui nomi abbondano nel pagine seguenti, pochi sono familiari persino agli studenti, molti, invece, soltanto agli specialisti, e alcuni non sono che cifre menzionate in documenti d’archivio. Lì dove esistono biografie (oltre ai normali dizionari) vi ho fatto riferimento e, quando conosciute, ho riportato nelle loro date di nascita e di morte dopo la prima citazione, tra parentesi o ne nota. Va tuttavia ricordato che questo libro non vuole essere una storia della scultura barocca romana e che gli artisti sono citati non per il loro singolo interesse o per i loro meriti personali ma soltanto nella misura in cui la loro attività esemplifica qualche aspetto dell’industria dell’arte. Ci si potrebbe domandare perché mi sia limitata alla Roma del XVII secolo: sono ben consapevole che molti dei procedimenti qui esaminati erano consueti anche in altri luoghi e in altri periodi, ma lascio alle conoscenze del lettore fare tali confronti. Sono inoltre ben conscia della pericolosità del metodo che ho usato: non abbiamo fonti scritte che ci dicano quali erano i metodi di produzione delle sculture, e tutto ciò di cui possiamo disporre sono casi singoli che non danno indicazioni su quanto tali procedimenti fossero diffusi o comunemente impiegati. Si possono solo citare casi individuali e cercare di generalizzare partendo da questi, anche se sono pienamente consapevole che alcuni miei colleghi studiosi del barocco romano possono aver trovato altri documenti che forse offrono una diversa testimonianza. Un tale metodo induttivo è guardato con sospetto da molti storici, e a buon diritto: è azzardato asserire che un procedimento individuale fosse probabilmente usato da altri scultori nello stesso periodo e luogo, e sarebbe totalmente illegittimo dedurre che fosse di uso comune in altri periodi o in altri luoghi. Solo occasionalmente ho citato esempi che travalicano la Roma del XVII secolo, e soltanto quando questi sembravano di particolare interesse o rilevanza. Il materiale citato nelle note è intenzionalmente limitato, per non appesantire troppo il libro con una eccessiva documentazione. Ho citato i passi rilevanti del materiale inedito, ma quando il documento di cui ho fatto uso è pubbli: cato per intero in testi facilmente consultabili, sono stata molto più selettiva: in questi casi, la citazione delle fonti è stata ridotta e limitata ai soli documenti che mi son sembrati più significativi e dei quali ho pensato che il lettore potesse desiderare una verifica personale. Tre documenti inediti sono stati pubblicati per esteso in appendice: il primo amplia e completa il sommario datone nel capitolo intitolato «Dalla cava alla chiesa»; il secondo è un contratto, insolitamente dettagliato, che fornisce precise informazioni tecniche sulla fusione del bronzo, e che pertanto può interessare gli specialisti; il terzo esemplifica le diverse operazioni richieste dal restauro di statue antiche..
Indice:
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Note bibliografiche |
Prima edizione di Umberto Allemandi del 1991, di grande formato; a copertina rigida telata azzurro chiaro con titolazioni in nero al dorso; rilegata a filo; arricchita da numerose fotografie in B/N; dotata di sovracoperta lucida fotografica in B/N; stampata su carta semi-lucida di buona qualità. Non comune, e difficilissimo da reperire a quotazioni “popolari”. |
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Stato di conservazione |
Come Nuovo [il volume non mostra danni strutturali, strappi, segni, mancanze o usure gravi che vadano evidenziate; legatura snodata e resistente; copertine rigide ben conservate, con pochi segni del tempo e sottili impolverature ai margini dei piatti e al dorso; sovracoperta in ottimo stato, con minimi segni di vissuto ai bordi e leggere opacità da sfregamento ai piatti; coste abbastanza luminose; ingiallimento delle pagine ridottissimo e nella norma] |
Informazioni aggiuntive
Peso | 1,30 kg |
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Dimensioni | 22,7 × 28,7 × 2,3 cm |
Edizione | |
Luogo di pubblicazione | Torino |
Anno di pubblicazione | |
Caratteristiche particolari | |
Illustrazioni | |
Formato | |
Genere | |
Soggetto | |
Colore principale | |
Lingua |
Condition | n/a |
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Notes | Il volume non mostra danni strutturali, strappi, segni, mancanze o usure gravi che vadano evidenziate; legatura compatta e resistente; copertine rigide quasi intatte e con pochi segni del tempo; sovracoperta in ottimo stato, con minimi segni di vissuto ai bordi e leggere opacità da sfregamento ai piatti; coste abbastanza luminose; ingiallimento delle pagine ridottissimo e nella norma. |
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