L’Ottava d’Oro. La vita e l’opera di Ludovico Ariosto, Ed. Mondadori, 1933
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39 contributi critici sulla produzione letteraria di Ludovico Ariosto, esposti a Ferrara durante la commemorazione del quadricentenario della morte del grande letterato rinascimentale.
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Descrizione
Edizione | Arnoldo Mondadori, Milano, 1933 | Illustrazioni | Fotografie e disegni in B/N |
N. Volumi | 1 | N. Pagine | XVII + 921 |
Dimensioni | 15 x 21,5 x 4,8 cm. | Peso | 1,15 kg. |
Descrizione |
T itolo completo: «L’Ottava d’Oro. La vita e l’opera di Ludovico Ariosto. Letture tenute in Ferrara per il Quarto Centenario dalla morte del Poeta. Con due messaggi di Gabriele D’Annunzio». Che il Comitato Ariostesco abbia dato a un dilettante ariostista l’incarico di premettere poche parole a questi Atti del… «Piano quinquennale» ariosteo (6 maggio 1928: lettura inaugurale d’Italo Balbo nel Salone del Palazzo dei Diamanti – 15 gennaio 1933: lettura di chiusura di Pietro Niccolini nella Sala dei Giochi del Castello Estense), dove pure figurano tante autorevoli firme d’ariostisti professionisti (Agnelli, Bertoni, Catalano, Fatini, Momigliano) si spiega col fatto d’essere io il superstite dei due maggiori responsabili dell’iniziativa dell’«Ottava d’Oro», l’altro quiescendo in cristiana pace dal 17 ottobre 1929 nel primo Campo a destra della Monumentale Certosa di Ferrara: l’indimenticabile Enrico Vanni, alla cui Memoria gli scritti della presente raccolta, in gran parte da Lui primamente ricercati e sollecitati, andrebbero con pieno diritto dedicati. Il 17 marzo 1928 scrivevo a Vanni raccontandogli un sogno nel quale m’era come parso di trovarmi con lui e con altri vecchi amici «in una trattoria di Ferrara chiamata All’Ottava d’Oro piena di lumi e di bandiere» dove si commentava molto liberamente il più scabroso canto dell’Ariosto. La lettera fu pubblicata da Vanni nel Corriere Padano (25 marzo 1928), del quale egli era redattore, unitamente a un suo articolo nel quale postulava la fondazione di una specie di liberissima accademia di letture da tenersi al chiuso e all’aperto, con accompagnamenti di musiche e canti del secol d’oro, e tante altre belle cose. Italo Balbo, per amor di Ferrara e del volante Ippogrifo, il 27 marzo appoggiava l’idea col suo pieno consenso e Nello Quilici, direttore del Corriere Padano, si metteva subito all’opera. Il 28 marzo il Comitato Ariostesco dell’Ottava d’Oro era già costituito, presidente Italo Balbo, vicepresidente il Podestà di Ferrara Renzo Ravenna, segretario il dottor G.A. Facchini, tesoriere Emilio Arlotti, con sede ideale nella «parva domus» ariostana di Mirasole. L’origine così estemporanea dell’impresa fa già da sé qualche luce sul carattere di questa raccolta e suggerisce come andrebbe letta; e cioè: né il lettore «serio» formalizzarsi se incontrerà qui dentro qualche conferenziere che s’è dato, quanto all’argomento, un po’ troppo buontempo, né il lettore buontempone aversela a male se per combinazione incontrerò qualcuno che ha preso la cosa troppo cattedraticamente. Lo scopo era d’invogliare il pubblico ferrarese a riprendere in mano il suo Orlando come il libro di più cara compagnia che oggi e sempre si possa desiderare. I nomi dei conferenzieri, tutti di prim’ordine, furono scelti in parte fuor del novero degli specialisti, tra romanzieri e giornalisti di cartello, scienziati e poeti, oratori cari alle folle, uomini di teatro e di cinematografo. Ma in una con questi uomini rappresentativi di terra di cielo e di mare furono invitati con ogni onore filologi e studiosi di nome europeo, e tutti colsero molto volentieri l’occasione di rivedere l’«epica» Ferrara. E, per non far torto alla parola iniziale del Furioso, fu invitata anche una donna, e fra le donne studiose fu scelta la meglio titolata a trattare quell’argomento. Con un altro «classico» è probabile che tanta discordanza di nomi e di tono sarebbe riuscita insopportabile. Con l’Ariosto direi che la cosa è tollerabilissima. «Aveva il genio sulla fronte, l’ironia sulla punta del naso, la sensualità sulle labbra – scriveva Vincenzo Padula (Prose giornalistiche, Napoli, 1878). – Strinse in un fascio un flauto, una tromba, una zampogna e mill’altri strumenti musicali, e diede a un tempo fiato a tutti: ed io ch’aspettavo una babilonia rimasi sorpreso da una sinfonia non più udita». Il lettore faccia dunque conto che qui si stiano accordando gl’istrumenti di cui parla il Padula, prima che il Maestro salga sul podio. C’è chi ha dedicato, come Giuseppe Agnelli, tutta la sua vita a legger quella partitura, e tra i ricordi della propria infanzia ferrarese forse conserva ancora quello delle celebrazioni per il IV Centenario dalla nascita, e c’è chi probabilmente finì di leggere l’Orlando in treno, andando a Ferrara a tener la sua conferenza; ma non è detto che proprio dalla costui bocca le belle ferraresi non abbiano inteso alcune fra le osservazioni più fini e invoglianti alla lettura diretta del Furioso. C’è poi qualcuno che forse s’è illuso d’avere scoperto l’ultimo segreto di Messer Ludovico, ma se Ludovico fosse stato presente avrebbe probabilmente chiesto la parola per rivolgere lui al conferenziere la famosa domanda che il cardinale Ippolito con tutta probabilità non s’è mai sognato di fargli. Una cosa è certa: che mai l’opera dell’Ariosto era stata presa insieme d’assalto, nel giro d’una sessantina di mesi, da tante parti e con armi tanto differenti. E anche da questo ultimo assedio l’opera è uscita più bella e rilucente che mai. A rivedere con buoni occhiali e paziente discernimento il testo delle singole letture, a riscontrare le citazioni ariostesche sopra l’edizione meglio attendibile del poema, a evitare, quando ce ne fosse bisogno, incongruenze e ripetizioni troppo vistose, e infine a corredare la raccolta di un Indice dei Personaggi e delle Cose notevoli che ne rendesse più agevole la consultazione, ha provveduto con singolare diligenza Paolo Rocca, professore di lettere in Ferrara. [Antonio Baldini]
Indice:
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Note bibliografiche |
Prima Edizione a copertina rigida in tela bianca con titolazioni in nero al dorso; dotata di sovracoperta fotografica lucida a colori e di cofanetto rigido editoriale in tela marrone con applicazioni lucide fotografiche a colori sulle fiancate; rilegata a filo; stampata su carta di buona qualità, con coste superiori verniciate in marrone scuro; dotata di segnalibro in seta marrone; frontespizio bicromatico in rosso e nero; corredata da fotografie a colori f.t. Di difficile reperibilità, e quasi mai a prezzi “popolari”. |
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Stato di conservazione |
Più che Ottimo [a livello strutturale, non si rilevano danni, strappi, usure pesanti, logorii o scritte degni di nota; la legatura è molto robusta e consistente; l’ingiallimento alle pagine è ampiamente nella norma, considerata anche la qualità della carta in quegli anni; spigoli e bordi ancora netti e non abrasi; probabile mancanza della sovracoperta; qualche leggera sporcatura alle copertine, non grave] |
Informazioni aggiuntive
Peso | 1,15 kg |
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Dimensioni | 15 × 21,5 × 4,8 cm |
Edizione | |
Luogo di pubblicazione | Milano |
Anno di pubblicazione | |
Caratteristiche particolari | |
Formato | |
Illustrazioni | |
Genere | |
Soggetto | |
Colore principale | |
Lingua |
Condition | Very Good |
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Notes | A livello strutturale, non si rilevano danni, strappi, usure pesanti, logorii o scritte degni di nota; la legatura è molto robusta e consistente; l'ingiallimento alle pagine è ampiamente nella norma, considerata anche la qualità della carta in quegli anni; spigoli e bordi ancora netti e non abrasi; probabile mancanza della sovracoperta; qualche leggera sporcatura alle copertine, non grave. |
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