Orietta Rossi Pinelli, Il secolo della Ragione e delle Rivoluzioni. La cultura visiva nel Settecento europeo, Ed. UTET, 2000
€39,00 [€37,50 + I.V.A.]
Volume appartenente ad una celeberrima ed autorevole collana edita da UTET, concernente l’arte in Europa nel XVIII secolo.
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Descrizione
Edizione | UTET, Torino, 2000 | Collana | Storia Universale dell’Arte / Le Civiltà dell’Occidente |
Direttore di Collana | Enrico Castelnuovo | Illustrazioni | Fotografie in B/N e a colori |
N. Volumi | 1 | N. Pagine | 318 |
Dimensioni | 22,5 x 28,7 x 3 cm. | Peso | 1,83 kg. |
Descrizione |
D olo trent’anni fa occuparsi di Settecento costituiva ancora una eccentricità dal sapore pionieristico. Molto è cambiato da allora. Anche se gli studi si sono concentrati soprattutto sulla seconda metà del secolo, già alla fine degli anni Settanta le conoscenze erano rapidamente divenute imponenti. Soprattutto alcune aree geografiche (in particolare la Francia e la Gran Bretagna) o alcuni ambiti settoriali (il collezionismo, il mercato, la critica, i musei, le esposizioni, la cultura antiquaria, e via dicendo) hanno goduto di un’attenzione particolare in questi ultimi trent’anni. Fatte però alcune importanti eccezioni, si è trattato soprattutto di ricognizioni puntiformi, sottrattesi intenzionalmente al confronto con un quadro generale di riferimento e con i grandi sistemi interpretativi ereditati dalla storiografia tardo-ottocentesca. Resiste, cosi, di fatto, uno scollamento tra l’alto profilo della maggior parte di quegli studi e la distratta accettazione di periodizzazioni stilistiche, più che inutili, inquinanti, come tardobarocco, barocchetto, neoclassico, protoromantico, perfino protoneoclassico, a cui si è seguitato a ricorrere nell’illusione forse di ricomporre una sintesi proprio in virtù di queste categorie. Personalmente, man mano che procedevo nello studio, ho dovuto arrendermi alla necessità di escludere tutte le periodizzazioni che non appartenessero a pieno titolo al linguaggio della letteratura critica settecentesca, ricavandone immediato vantaggio. Ho verificato, ad esempio, di poter seguitare ad appoggiarmi ad una definizione come classico, intrisa certo di ambiguità e accentuazioni differenti, comunque radicata in una solida tradizione culturale che affonda le radici nel Cinquecento italiano e costituisce un solido elemento di continuità nella produzione artistica fino alle avanguardie storiche. E poi una riflessione: per tutto l’arco del secolo, la passione per l’antico, non conobbe mai una sospensione e non cadde mai in disuso, come nel secolo precedente e in quello successivo. Come per il Sei e l’Ottocento l’interesse per l’antico convisse con molte altre ricerche, e si manifestò in continue varianti e diverse declinazioni. Di neoclassicismo, quindi, è davvero improprio parlare. Se un accento particolare collega le tante sperimentazioni classiciste degli ultimi trent’anni del secolo, questo sta nel radicalismo formale ed iconografico individuato da molti artisti non senza implicazioni concettuali. Anche il termine romantico appartiene già alla cultura del XVII secolo, pur in una accezione meno articolata di quella che assumerà nel corso della prima metà dell’Ottocento. Il gusto rocaille o rococò o Pompadour, frequentemente indicato come petit goût o anche stile moderno, appartiene terminologicamente al secolo in cui quella corrente culturale è andata definendosi. Proprio l’aver verificato la persistenza del petit goût fino alle soglie della Rivoluzione Francese ha richiesto una prima decisiva revisione dei tradizionali schemi periodizzanti. I due termini che ricorrono nel titolo, ragione e rivoluzione, vanno anche questi contestualizzati. Il primo, ragione, nel XIX secolo ha subito una sorta di semplificazione o forse meglio di radicalizzazione. Arrivato a noi trasfigurato dalle ferree geometrie positiviste, poco gli è rimasto della valenza, pervasiva ma lieve, di strumento dell’intelligenza, utilizzato nel XVIII secolo per definire quel meccanismo del pensiero in grado di inseguire ogni traccia di conoscenza senza temere le grandi contraddizioni della vita. La ragione, nel XVIII secolo non fu una «divinità» (assurgerà a tale temibile gloria solo nel periodo più torbido della Rivoluzione Francese). Fu piuttosto una porta di accesso alla libertà dalla superstizione, un canale attraverso cui organizzare le infinite «curiosità» indotte dall’esperienza. Perfino il termine rivoluzione, necessariamente tanto ricorrente per le numerose innovazioni (scientifiche, tecnologiche, geografiche, antropologiche, comportamentali) che si verificarono nel Settecento, va assunto nella ambiguità semantica che gli fu propria fino a quando la grande rivoluzione politica dell”89 non ne impose definitivamente il significato di frattura. Fino a quel momento il senso della parola rivoluzione restò profondamente legato anche al suo valore astronomico di rotazione, di conclusione di una traiettoria circolare. La rivoluzione compiuta dagli astri, nel suo regolare procedere da una fase ascendente ad una culminante e ad una discendente, si offriva perfino come splendida metafora per definire i cicli della storia. Il termine rivoluzione, quindi, comportava volentieri il tema del ritorno e si accompagnava all’ottimismo e al pessimismo per il futuro, c0n alle spalle però l’esperienza dei predecessori a cui attingere per indirizzare gli eventi a venire. Questo modello stava all’origine dei tanti storicismi che si accavallarono nel corso del secolo. Anche l’identità dell’artista in quel lungo arco di anni sfugge alla nostra percezione. Socialmente, l’artista nel secolo dei lumi era ancora una figura complessivamente marginale, che tuttavia, assieme ad altre categorie di intellettuali, andava individuando strategie di…
Indice:
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Note bibliografiche |
Prima Edizione UTET del 2000, a copertina rigida in tela verde titolata al piatto e al dorso, con sovracoperta illustrata lucida, stampata su carta semi-lucida di buona qualità, rilegata a filo, corredata da numerose fotografie in B/N e a colori. |
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Stato di conservazione |
Come Nuovo [non si notano danni, scritte, segni, strappi o usure particolari che vadano evidenziate; legatura a filo molto snodata e resistente; copertine rigide pressoché intatte; sovracoperta molto ben conservata, con pochi segni di vissuto e leggerissime opacità da sfregamento ai piatti; coste poco impolverate; ingiallimento delle pagine ridottissimo] |
Informazioni aggiuntive
Peso | 1,84 kg |
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Dimensioni | 22,5 × 28,7 × 3 cm |
Edizione | |
Luogo di pubblicazione | Torino |
Anno di pubblicazione | |
Caratteristiche particolari | |
Formato | |
Illustrazioni | |
Genere | |
Soggetto | |
Colore principale | |
Lingua |
Condition | n/a |
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Notes | Non si notano danni, scritte, segni, strappi o usure particolari che vadano evidenziate; legatura a filo molto snodata e resistente; copertine rigide pressoché intatte; sovracoperta molto ben conservata, con pochi segni di vissuto e leggerissime opacità da sfregamento ai piatti; coste poco impolverate; ingiallimento delle pagine ridottissimo. |
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