Lucio Scardino, Sirene di carta. 120 manifesti e cartoline ferraresi dal 1860 al 1960, Edizioni d’Arte MG, 1984

Lucio Scardino, Sirene di carta. 120 manifesti e cartoline ferraresi dal 1860 al 1960, Edizioni d’Arte MG, 1984

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A Lucio Scardino e alla sua ricerca va il merito di aver ripulito dai detriti del tempo un ampio tratto della “via italiana al manifesto”…

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Descrizione

Edizione Edizioni d’Arte MG, Ferrara, 1984 Illustrazioni Fotografie e Disegni in B/N e a colori
N. Volumi 1 N. Pagine 268
Dimensioni 24,5 x 34,5 x 4 cm. Peso 2,57 kg.
Descrizione

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itolo completo: «Sirene di carta. 120 manifesti e cartoline ferraresi dal 1860 al 1960».

Quanto si è scritto, negli ultimi vent’anni, sul manifesto italiano! E quanto ancora rimane da scrivere! Alcune memorabili mostre-pilota, la voga neo-Liberty invalsa nella grafica pubblicitaria ed editoriale, l’ampia divulgazione (meglio, il «saccheggio») della sterminata Raccolta Salce di Treviso hanno innocentemente congiurato – verso la metà degli anni Sessanta – per far scoprire, o riscoprire, il cartellonismo italiano «d’epoca»: affascinando il gran pubblico dei profani, ma stimolando anche una pattuglia di giovani studiosi che, animati da una sorta di generosa complicità «carbonara» (oltre che dal sacro fuoco della ricerca), si son messi a scavare a fondo, ciascuno nella propria fetta di territorio – a Milano e a Trieste, a Bologna e a Roma, a Parma e a Napoli -, riportando alla luce giacimenti preziosi (collezioni maggiori e minori, pubbliche e private), ricostruendo e valorizzando le fisionomie di cartellonisti noti, meno noti e affatto sconosciuti.

Ne è venuta fuori, a poco a poco e quasi involontariamente, una mappa del manifesto italiano, tuttora assai incompleta, a «macchia di leopardo», con aree ormai setacciate a fondo e altre tutte da esplorare: una mappa che privilegia ovviamente le zone ad alta densità pubblicitaria (con la «capitale» Milano in testa), ma che fa brillare di inopinata luce propria anche certe aree periferiche» (o presunte tali) della cultura dell’immagine […]

Centoventi manifesti (o locandine, o cartoline) «per Ferrara», sgranati nell’arco di un secolo. C’è di che smarrirsi; ma c’è anche – trovato il giusto filo d’Arianna e iniziato il viaggio emozionante nel labirinto popolato di «sirene» – di che meditare sulla linea evolutiva dell’intera grafica «popolare» italiana, che qui trova una propria plausibile proiezione e, per così dire, un’emblematica esemplificazione.

In altre parole: quel che accade in cent’anni a Ferrara è, «in nuce», quel che accade lungo il percorso (complesso, tormentato, contradditorio) di tutta la grafica nazionale: dai «trionfi» dell’imagerie realistico-allegorica del tardo Ottocento alle contaminazioni provocate, all’inizio del nostro secolo, dall’insinuarsi e dal diffondersi del gusto Liberty; dalle sopravvivenze di manierate soluzioni accademiche (magari «nobilitate» da sparsi scampoli del campionario floreale) all’attenzione crescente, dagli anni Venti in poi, per la lezione delle avanguardie storiche e del Novecento, – miscelati ed enfaticamente volgarizzati nei manifesti del cosiddetto «stile littorio» – e infine approdati ai risultati neorealistici post-bellici.

Dalla produzione di Edmondo Fontana a quella di Carlo Rambaldi (tanto per citare due artisti indigeni, e non due «firme d’importazione»), l’itinerario è esemplare: impennate e cadute, exploits inventivi ed episodi kitsch si alternano, in una continua altalena di emancipazione e di provincialismo, di oculate rielaborazioni del lessico figurativo internazionale e di velleitari ricorsi a un repertorio casereccio, da bricolage dell’illustrazione.

E se in sede di rilettura storica globale è giusto – e illuminante – che sia cosi, è altrettanto giusto che, sul piano della selezione personalizzata da comprensibili ragioni di propensione e di gusto, si tenti di sceverare il grano dal loglio: promuovendo certe presenze, rinviando il giudizio su altre, bocciandone talune (e magari, smessa ogni scientifica atarassia, sbottando in un sonoro, viscerale: «Mamma mia, quant’è brutto!..»).

Insomma: centellinato con la saputa computazione degli «addetti ai lavori» (o dei «carbonari» di cui sopra), il libro – serissimo – di Scardino rivela un fondo dolce-amaro, poiché – assieme ai tanti meriti – mette a nudo anche i tanti limiti della nostra grafica; basata (si direbbe) su quella sorta di filosofia nazionale, perenne e polivalente, che è il compromesso.

Ma, sfogliato, guardato e letto senza la presunzione di trarne una morale ad ogni costo, è – anche e soprattutto – un libro gustoso e gradevolissimo: che concede la gioia antica e semplice del «guardare le figure», e consente di cogliere fior da fiore, di scegliere, tra i 120 «pezzi», i propri beniamini.

[Roberto Curci, dalla Prefazione, Trieste, 1984]

Note bibliografiche

Prima Edizione a copertina rigida in similpelle marrone scuro, con titoli dorati impressi al piatto e sovraccoperta lucida illustrata; rilegata a filo; stampata su carta semi-lucida di buona qualità e grammatura, con ampie marginature al testo; ricchissima di fotografie e disegni in B/N e a colori.

Stato di conservazione

Come Nuovo [l’articolo proviene da un imballo editoriale e non è quindi mai stato aperto; non si notano falli, danneggiamenti o usure; legatura snodata e robusta; copertine rigide quasi intatte; sovracoperta in ottimo stato, con minimi segni di vissuto ai bordi; coste un po’ ingiallite dal tempo;; a seconda dell’esemplare, possono rinvenirsi impolverature o ingiallimenti superficiali alle primissime/ultimissime pagine neutre].

Informazioni aggiuntive

Peso 2,57 kg
Dimensioni 24,5 × 34,5 × 4 cm
Luogo di pubblicazione

Ferrara

Anno di pubblicazione

Caratteristiche particolari

Illustrazioni

Formato

Genere

Soggetto

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Colore principale

Lingua

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