Santa Maria della Passione e il Conservatorio Giuseppe Verdi a Milano, Ed. Silvana, 1981

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Il complesso monumentale della Passione fu fatto sorgere a proprie spese dai fondamenti da un sacerdote di antica nobile famiglia milanese, Daniele Birago

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Descrizione

Edizione Silvana Editoriale per Banco Ambrosiano, Milano, 1981 Testi G. Bora, C. Costamagna, G. De Florentiis, G.B. Sannazzaro, A. Scotti, A. Zecca Laterza e M.A. Zilocchi
Prefazione / Fotografie Angelo Paredi / Eugenio Chelli Illustrazioni 323 fotografie e disegni in B/N e a colori
N. Volumi 1 N. Pagine 235
Dimensioni 26 x 34 x 3,3 cm. Peso 2,42 kg.
Descrizione

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recento anni durò unitario il complesso monumentale della Passione in Milano. Chiesa e monastero nacquero insieme e li fece sorgere a sue proprie spese dai fondamenti un sacerdote di antica nobile famiglia milanese, Daniele Birago. Già funzionario della Curia Romana con il titolo di arcivescovo, eletto poi senatore da Gian Galeazzo Maria Sforza, il brav’uomo con atto notarile in data 22 luglio 1485 donava alla Congregazione dei Canonici Regolari Lateranensi, già ben conosciuti a Milano per il loro convento di Santa Maria Bianca di Casoretto, le sue case e i possedimenti che aveva fuori di porta Orientale a Milano, impegnandoli a costruirvi una chiesa e un monastero.

Nel tomo primo della Descrizione di Milano (1737) Serviliano Latuada osserva a ragione che Daniele Birago “con si vasta idea passava la condizione di privato”, cioè la sua munificenza aveva dimensioni principesche. Non contento di tale generosa impresa il Birago nel testamento del 16 novembre 1495 nominò l’Ospedale Maggiore di Milano erede universale dei suoi beni, che si estendevano anche nelle diocesi di Parma, e di Cremona e di Piacenza.

Purtroppo il Dizionario Biografico degli Italiani, che nel decimo volume (1968) elenca più di venti Birago, del nostro Daniele non dice neppure una parola. Per sapere qualcosa di lui dobbiamo ricorrere ancora oggi al diligente archivista Pietro Canetta, il quale nell’Elenco dei Benefattori dell’Ospedale Maggiore di Milano (1887) dedica a Daniele Birago una mezza pagina. Diceva già la sapienza antica: memoria beneficiorum fragilis est, iniuriarum tenax. Prudentemente quindi il Daniele in un codicillo del testamento pretese dagli amministratori dell’Ospedale Maggiore che gli facessero un bel funerale (che venne a costare più di venti milioni di lire d’oggi) e provvedessero a innalzargli un monumento tombale nella chiesa che egli aveva fatto costruire.

La generosità del Birago trovò numerosi imitatori, così che nel 1530-40 si potè progettare e alzare la maestosa cupola e nel 1572 ampliare con tre nuove navate la già grandiosa costruzione. La Passione divenne così la più vasta chiesa di Milano dopo il Duomo, mentre l’interno continuava ad arricchirsi di opere d’arte: del Bergognone, di Bernardino Luini, di Daniele Crespi, di Giulio Cesare Procaccini, di Gaudenzio Ferrari, di Giulio Campi.

Vennero dopo tre secoli le tempeste con le riforme dell’imperatore Giuseppe II. Lunghe furono le trattative dei funzionari governativi con l’arcivescovo Pozzobonelli e con i canonici Lateranensi per definire “i piani di soppressione” del loro monastero, cioè per dare esecuzione al decreto viennese di soppressione del 30 novembre 1782. I religiosi, secolarizzati, consentirono a lasciare il loro convento e a mantenere la chiesa, che divenne Regia Collegiata: l’assetto giuridico di questa fu definito con istrumento del 13 aprile 1784. I proventi della soppressione del monastero vennero assegnati alla cassa della pubblica istruzione.

Tutti riconoscono che motivi seri per le riforme di Giuseppe II non mancavano. I conventi erano troppi e spesso in condizioni deplorevoli. Il numero dei preti e dei frati e delle monache era esorbitante. Non a torto gli economisti accusavano gli enti religiosi di sottrarre troppe terre alla circolazione normale dei beni. Eppure anche un anticlericale come Pietro Verri, deplorando la distruzione di troppi conventi e le molte chiese vendute e profanate e i religiosi scacciati, scrisse che quelle “operazioni eseguite senza preparare la pubblica opinione, e con violenza, avvilirono il corpo dei ministri della religione, ed annebbiarono nel volgo istesso le opinioni religiose e con esse la moralità”.

Secondo Leopold von Ranke all’incessante e rovinosa guerra contro i conventi Giuseppe II era spinto dai giansenisti e dagli atei, di cui si era circondato. Invece Ludwig von Pastor ritiene che per Giuseppe II motivo primo delle soppressioni dei conventi furono non tanto considerazioni religiose, quanto piuttosto economiche. Pure a conclusione delle sue pagine su le riforme anche il Pastor afferma che la vasta soppressione di conventi e di fondazioni religiose antichissime fu gravemente criticabile, e che il fanatismo utilitario di Giuseppe II mandò in rovina un elemento essenziale della vita del popolo.

Certamente molto più brutali che non i funzionari di Giuseppe II si mostrarono poi i saccheggiatori della Repubblica Cisalpina. L’ex-monastero della Passione ebbe finalmente una degna destinazione quando un decreto del viceré Eugenio Beauharnais in data 18 settembre 1807 lo assegnava come sede di una scuola musicale che provvedesse alla formazione di direttori, cantanti, orchestrali, occorrenti per la vita dei teatri lirici milanesi: il conservatorio.

[Angelo Paredi]

Indice:

  • Prefazione, di Angelo Paredi
  • LA STORIA
    • Origini e storia della basilica e del monastero di S. Maria della Passione, di Carlo Costamagna
  • L’ARCHITETTURA
    • Gli inizi: la tribuna “stellare” e la fondazione del monastero, di Giovanni Battista Sannazzaro
    • Da “rotonda” a basilica longitudinale: chiesa e convento dal Cinquecento al Settecento, di Aurora Scotti
  • LA PITTURA L’ICONOGRAFIA DELLA PASSIONE LA SCULTURA E L’ARREDO
    • Due secoli d’arte a Milano: la pittura a S. Maria della Passione, di Giulio Bora
    • L’iconografia della passione, di Carlo Costamagna
    • La scultura e l’arredo, di Maria Amelia Zilocchi
  • LA MUSICA
    • La cappella musicale, di Agostina Zecca Laterza
    • Cento anni del Conservatorio Giuseppe Verdi, di Graziella de Florentiis
Note bibliografiche

Pubblicazione Silvana Editoriale del 1981 in forma di strenna bancaria per il Banco Ambrosiano; a copertina rigida in tela blu scuro, titolata in bianco al piatto e al dorso; stampata su carta semi-lucida di buona qualità e grammatura; rilegata a filo; corredata da moltissime fotografie e schemi sia in B/N che a colori, anche a tutta pagina; dotata di sovracoperta lucida illustrata e cofanetto nero editoriale muto.

Stato di conservazione

Ottimo [il prodotto è quasi intatto a livello strutturale, senza danni, strappi, segni o usure particolari, con spigoli e bordi delle copertine intonsi e sovracoperta pressoché intatta; legatura snodata e resistente; coste abbastanza luminose; cofanetto integro, senza rotture né abrasioni]

Informazioni aggiuntive

Peso 2,42 kg
Dimensioni 26 × 34 × 3,3 cm
Edizione

Luogo di pubblicazione

Milano

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Caratteristiche particolari

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Illustrazioni

Genere

Soggetto

Colore principale

Lingua

Condition n/a
Notes Il prodotto è quasi intatto a livello strutturale, senza danni, strappi, segni o usure particolari, con spigoli e bordi delle copertine intonsi e sovracoperta pressoché intatta; legatura snodata e resistente; coste abbastanza luminose; cofanetto integro, senza rotture né abrasioni.

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