G. Campanini e A. Emiliani (testi di), Vie d’arte, vie d’acqua. Paesi e città del Ferrarese fra il Po e il Reno, Ed. Franco Maria Ricci, 2006

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Franco Maria Ricci

Pagine ricche di arte e di storia: il presente volume, dedicato ai Paesi e alle Città del Ferrarese fra il Po e e il Reno, soddisfa la curiosità del lettore sulla storia, l’arte ed il tessuto urbano.

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Descrizione

Edizione Franco Maria Ricci, Bologna, 2006 Illustrazioni Fotografie a colori
Curatela Graziano Campanini Fotografie Luciano Romano
Testi Graziano Campanini e Andrea Emiliani Prefazione Vittorio Sgarbi
Direzione artistica Maurizio Bignotti Coordinamento editoriale Giulia Carciotto
N. Volumi 1 N. Pagine 131
Dimensioni 30,5 x 30,5 x 1,8 cm. Peso 1,47 kg.
Descrizione

L

a storia e la civiltà di un luogo passano anche per l’acqua, e non certo in modo incidentale. Una risorsa troppo importante perché l’uomo, nel corso del tempo, non si adoperasse a escogitare forme di convivenza con essa, nell’intento di ottenerne vantaggi. Agli occhi dei sudditi di mezzo mondo, la capacità di sfruttare l’acqua misurava il prestigio di Roma antica, tecnologico prima ancora che bellicoo politico. Canali, terme, fontane, laghi artificiali: il potere di controllo sull’acqua è la migliore metafora del potere di controllo sulla terra.

Il passaggio dal Medioevo al Rinascimento non è testimoniato solo dall’arte. Ci sono anche gli straordinari progressi conosciuti dall’ingegneria idraulica, già capaci, tra la fine del Duecento e il Trecento, di accompagnare la crescita delle città e l’evoluzione delle campagne. L’acqua non è solo la sostanza necessaria alla vita, è anche via di trasporto e principale motore delle macchine di quel tempo. Man mano che aumenta la dimestichezza con essa, diventa anche motivo di nuove conformazioni del paesaggio (‘“antropizzazioni”, come si suole dire con linguaggio tecnico), adeguate al suo impiego. In idraulica s’impegna intensamente il maggiore fra gli artisti-scienziati, Leonardo. Nel suo quadro più famoso, La Gioconda, Leonardo dipinge un paesaggio fluviale presso il Ponte a Buriano, nell’Aretino. Non è un riferimento casuale; Leonardo allude a una grande opera idraulica che avrebbe voluto realizzare per bonificare la Valdichiana, allora paludosa e funestata dalla malaria.

Ci vuole tutto l’ottimismo razionalista del Rinascimento perché in Valdichiana l’acqua possa non essere concepita come una nemica. Alla grandezza come artista, Leonardo voleva che venisse associata quella di uomo d’ingegno, quella che in parte sottovalutiamo a favore della prima, capace di modificare la natura in modo favorevole all’uomo. Solo nel primo Ottocento la bonifica sarebbe stata conclusa, conferendo alla Valdichiana quella serena salubrità che giustifica il sorriso profetico della Gioconda.

La grande civiltà architettonica delle ville palladiane è fluviale. Lungo il Brenta innanzitutto, canalizzato, a disposizione delle campagne, diventato la principale via di comunicazione fra Padova e Venezia, che con Palladio diventa anche motivo di spettacolo, teatro, specchio di un nuovo senso del decoro architettonico che riprende in chiave moderna l’insegnamento di Vitruvio. La teatralizzazione dell’acqua, all’insegna del binomio natura-artificio, è anche alla base delle più spettacolari residenze manieriste, nella medicea Pratolino come a Tivoli, dove una famiglia ferrarese, gli Este, inaugura la prima villa “gaudente” a misura d’acqua.

Una dialettica continua, quella fra uomo e acqua, che determina abitudini e conforma il territorio fino alla prima epoca industriale, quando l’acqua è ancora indispensabile nel funzionamento delle macchine e nell’approvvigionamento delle popolazioni. Poi il disimpegno, perfettamente simboleggiato dall’interramento dei sistemi urbani di canalizzazione che coinvolgono molte delle città italiane del Settentrione, dai Navigli di Milano a quelli di Bologna, per non dire delle città del Veneto o del Friuli.

Nel Novecento avanzato, l’acqua non è più intesa dalla maggioranza degli italiani come un bene dalle molteplici funzioni. Serve solo per essere bevuta o per lavarsi, arrivando attraverso gli acquedotti fino alle case di ciascuno. Una marcia indietro che ha segnato un distacco rispetto al resto d’Europa, dove si continua a concepire, anche per la maggiore incidenza territoriale dei bacini fluviali, l’acqua come “sistema” allo stesso modo viario, economico, paesaggistico, culturale.

Anche la storia di Ferrara e del suo circondario passa attraverso l’acqua. Una storia che, dopo decenni di intorpidimento, si accinge al rilancio. L’adeguamento alla navigazione della tratta fluviale che collega Pontelagoscuro al mare di Porto Garibaldi segnerà per Ferrara e dintorni il pieno recupero di una vocazione all’acqua, in anticipo rispetto ad altre città padane (Milano, Mantova, Cremona, Padova) che non avrebbero avuto meno pretese nel rivendicarla e sembravano essersi mosse per tempo nel volerla soddisfare.

Si è detto che questo recupero di vocazione servirà allo sviluppo economico, in particolare a quello turistico. Ne sono certo, ma un intervento di questa portata e di questa incidenza nel territorio non può avere solo quella finalità, né, forse, ritenere che debba essere la principale. Recuperare la vocazione all’acqua vuole dire mettersi in connessione diretta con la storia del proprio territorio, verificarne la compatibilità con essa, evolverla secondo una direzione già indicata da una certa tradizione che si era inaridita negli ultimi tempi.

In altre parole, il recupero della vocazione all’acqua dovrà essere un fatto culturale. Cambiarsi i connotati può essere considerata solo un’operazione chirurgica con finalità estetica; poi, però, bisogna fare i conti con la propria individualità, con la propria immagine, col proprio modo di mettersi in rapporto col mondo, e solo dopo questo passaggio l’effetto dell’operazione chirurgica potrà dirsi metabolizzato nel nostro corpo e nelle nostre menti fino a superare le porte dell’inconscio.

Credo che il prossimo sbocco al mare di Ferrara dovrà essere interpretato in un modo simile. Perché non rimanga un intervento estraneo al comune sentire dei ferraresi, imposta dall’alto, deve essere accompagnato da una profonda operazione culturale di appropriamento e di radicamento, capace di coinvolgere un numero quanto più vasto possibile di abitanti. Niente potrebbe favorire meglio questo appropriamento della constatazione di quanta civiltà di Ferrara e dintorni sia passata in prossimità dell’acqua. Civiltà anche artistica, e di primo livello, patrimonio fra i più fulgidi di cui un ferrarese si potrebbe vantare come quella illustrata da questa pubblicazione. Adattissima a favorire un processo culturale di vasta portata collettiva che non è meno necessario delle soluzioni di ingegneria idraulica.

[Vittorio Sgarbi, Prefazione]

Note bibliografiche

Prestigiosa pubblicazione di grande formato, fuori commercio, patrocinata della Cassa di Risparmio di Cento e realizzata da Franco Maria Ricci (FMR), a copertina rigida in tela nera, con titolazione al piatto e al dorso; rilegata a filo; corredata da decine di fotografie a colori nel testo e f.t., anche a tutta pagina; stampata su carta semi-lucida.

Stato di conservazione

Come Nuovo [il volume non presenta danni rilevanti, strappi, segni, pieghe o rovinature in generale a livello strutturale; lievi opacità alla sovracoperta dovute a sfregamento tra i libri; legatura a filo resistente]

Informazioni aggiuntive

Peso 1,47 kg
Dimensioni 30,5 × 30,5 × 1,8 cm
Edizione

Luogo di pubblicazione

Bologna

Anno di pubblicazione

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Illustrazioni

Genere

Soggetto

Colore principale

Lingua

Condition n/a
Notes Il volume non presenta danni rilevanti, strappi, segni, pieghe o rovinature in generale a livello strutturale; lievi opacità alla sovracoperta dovute a sfregamento tra i libri; legatura a filo resistente.

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